Kibernetes su ItaliaOggi: il D-Day digitale per i comuni si avvicina

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Il decreto Semplificazioni dà ai municipi solo 162 giorni per completare la transizione online

Un d-day digitale per i comuni

Il 28/2 servizi sul web, PagoPa e accessi tramite Spid e Cie

di Mario Gottardi

Il Decreto Semplificazioni, convertito in legge lunedì (con la n° 120/2020) e in vigore da martedì fissa una data che per gli enti pubblici è una vera e propria ghigliottina: è il 28 febbraio, un vero D-Day per i Comuni, perché ci sarà il più grande switch-off per la pubblica amministrazione italiana. Non c’è mai stata infatti una concentrazione di scadenze così importante. Entro fine febbraio gli enti pubblici dovranno: 1) portare online tutti i servizi che erogano in modalità offline e tradizionale; 2) completare il processo di adesione a PagoPA, la piattaforma unica di pagamento elettronico prevista dal Codice dell’amministrazione digitale: 3) garantire la fruizione dei servizi che richiedono identificazione attraverso SpID e Carta d’Identità elettronica. A questi tre obblighi si aggiunge quello di entrare con i propri servizi nell’app IO, pena pesanti sanzioni per i dirigenti pubblici.

I comuni hanno solo 162 giorni per completare la transizione digitale. Per molti si preannuncia quindi una corsa contro il tempo, specie per quelli più che finora hanno opposto resistenza o per quelli più piccoli, con meno risorse. Per questi enti sarà necessario un supporto progettuale, esecutivo e di formazione esterno, effettuato da soggetti specializzati nell’erogazione di servizi ad enti pubblici.

 

Il cambio di rotta: le sanzioni

La locomotiva della digitalizzazione pubblica questa volta procede spedita perché, a differenza del passato, Governo e Parlamento hanno previsto tempi certi e sanzioni per i dirigenti.

In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi, come gli switch-off, ci sarà una decurtazione di almeno il 30% della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio legato alla performance individuale. Inoltre, scatterà il divieto di prevedere premi o incentivi alle strutture competenti. L’esecutivo è anche intervenuto per limitare la responsabilità di dirigenti e amministratori al solo dolo, cioè alla volontà di arrecare danno alla PA, senza punire le omissioni. Cioè si incentiva il dirigente a fare, piuttosto che a punirlo quando sbaglia inconsapevolmente. Inoltre, “viene definito in modo più puntuale il reato di abuso d’ufficio, affinché i funzionari pubblici abbiano certezza su quali sono gli specifici comportamenti puniti dalla legge”. Provvedimenti attesi e richiesti da più parti per snellire la burocrazia.

 

I servizi da adeguare

Questo cambio di rotta è un segnale che va di pari passo con la rinnovata fiducia dei cittadini verso la PA digitale: il forte incremento dell’attivazione di account SpID è un segnale inequivocabile. Il 3 settembre si è superata la soglia dei 10 milioni di identità digitali certificate, di cui oltre la metà attivate nell’ultimo anno. Non solo: da inizio dell’anno gli accessi ai servizi forniti tramite SpID si sono moltiplicati, superando quota 60 milioni. L’aspetto negativo è che le amministrazioni che hanno aderito a SpID fino ad ora sono solo 4.478 mentre dovrebbero essere circa 20.000. Quest’ultimo dato spiega il grande lavoro che dovranno fare gli enti da qui a fine febbraio.

Lo SpID e la Carta d’Identità Elettronica (CIE) dovranno essere le credenziali uniche di accesso a tutti i servizi delle pubbliche amministrazioni italiane. Un’opera di razionalizzazione che mette fine alla giungla di sistemi di identificazione attuale, dovuta al fatto che ogni comune poteva decidere motu proprio la modalità di accesso ai propri servizi digitali. Quindi gli enti non dovranno più farsi carico di gestire in proprio i sistemi di verifica dell’identità, e questo significa una riduzione dei costi.

Il Decreto Semplificazioni fissa la nuova scadenza per la piena operatività di PagoPA. Inizialmente prevista per il 30 giugno scorso, il termine per entrare nella piattaforma unica dei pagamenti è stato spostato al 28 febbraio 2021, a causa delle restrizioni per il contrasto del Covid-19. Ma il più grande lavoro per i Comuni sarà quello di portare in digitale tutti i servizi che fino ad oggi venivano erogati in modalità presenziale o analogica e di caricarli nell’app IO. È infatti obiettivo del Governo, come ha esplicitamente detto la ministra per l’Innovazione, Paola Pisano, portare tutti i servizi nell’app IO, la cui evoluzione desktop fa sperare in un ampliamento dei servizi.

 

Lo stato dell’informatizzazione della PA

Se gli enti più grandi e con più fondi sono in uno stadio più avanzato della trasformazione digitale, tanti piccoli e medi comuni sono rimasti indietro, a causa del sottodimensionamento del personale, della carenza di fondi e anche di una certa ritrosia culturale verso l’informatizzazione.

A sancire lo stato della digitalizzazione della pubblica amministrazione italiana è stata recentemente la Corte dei Conti con la sua Indagine sul Piano triennale dell’informatica 2017-2019. Dai due corposi volumi che compongono la relazione conclusiva al Parlamento si evince che gli enti finora hanno sottovalutato i processi di digitalizzazione. Basti pensare che diverse amministrazioni hanno appreso degli obblighi normativi leggendo il questionario di 13 pagine proposto dai giudici contabili.

Dall’indagine risulta che circa l’80% dei comuni non consente l’accesso ai servizi con SpID, il 33% non usa PagoPA, il 49% non utilizza ancora il cloud e poco meno del 37% ha nominato un Responsabile per la Transizione al Digitale (RTD). È per questi enti che la strada da oggi al 28 febbraio sarà molto ripida e complessa.

Per tutti il primo scoglio da affrontare è il censimento dei servizi, il secondo quello di trovare i fondi. Oltre i 42 milioni per incentivare smart working e digitalizzazione messi a disposizione dal Governo a fine maggio per i comuni con meno di 5.000 abitanti, con l’articolo 239 del decreto “Rilancio” l’esecutivo ha costituito il Fondo per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione. La sua prima dotazione è di 50 milioni di euro e non è escluso che venga rifinanziato. Per capire quanto lo Stato vuole investire in digitalizzazione bisognerà aspettare di vedere la ripartizione della spesa del Recovery fund.

Il 28 febbraio è vicino e i comuni non possono aspettare, devono iniziare a organizzarsi. Devono, ad esempio, iniziare a cercare un partner esterno che li guidi attraverso la trasformazione digitale. E non è un caso che proprio il Decreto Semplificazioni preveda esplicitamente questa possibilità.

 

AI PARTNER LA COSTRUZIONE DI PERCORSI AD HOC

di Enzo Buso

 

Le azioni che i comuni possono percorrere per ottemperare agli obblighi del Decreto Semplificazioni possono variare, anche di molto. Questo perché sono diverse le esigenze e il punto in cui ogni ente si trova nel processo di trasformazione digitale. Le variabili infatti sono tante, tra cui il personale impiegato, i servizi offerti, la popolazione da servire. Per questo è necessario costruire assieme all’azienda partner un percorso ad hoc, basato sulle esigenze del comune e dei suoi cittadini. Un’azienda che affianchi l’ente sia per la parte consulenziale e di progetto, sia esecutiva, con software e procedure dall’efficacia riconosciuta, oltre a fare formazione, e quindi cultura, per il personale.

Il consulente, assieme al Responsabile della Transizione digitale dovrà redigere il Piano Triennale Digitale (con le azioni già intraprese e quelle da intraprendere). Le spese previste dal Piano dovranno essere in linea con il Documento Unico di Programmazione (monitorato dall’Agenzia per l’Italia Digitale). Poi si potrà passare al “censimento” dei servizi erogati e vedere: quali sono quelli da portare online e quelli che prevedono servizi a pagamento (e quindi attivare PagoPA). Questi servizi, una volta digitalizzati e agganciati alla piattaforma unica di pagamento, consentiranno l’onboarding sull’app IO, e quindi di ottemperare a un altro obbligo richiesto dal governo.

Uno step improrogabile è il subentro in ANPR. Subentrare nell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente oltre che un obbligo di legge è un passaggio propedeutico per assicurare migliori servizi digitali ai cittadini, a cui si accede con SpID e CIE, con cui si integra perfettamente e su cui punta il Decreto Semplificazioni. Il subentro però è un passaggio complesso, che richiede personale e tempo, che i comuni non hanno, specie quelli più piccoli. Richiede di bonificare e riallineare le banche dati, strutturare un piano da concordare tra il Comune e il Ministero, fare una fase di test, il presubentro, e poi finalmente il subentro definitivo.

Nel processo di transizione digitale dei comuni è poi fondamentale il passaggio dagli applicativi da server locali a server cloud. Questo perché permette ai dipendenti di lavorare con standard di sicurezza più elevati, in smartworking – e abbiamo visto quanto sia fondamentale e quanto il governo non voglia rinunciare a questa modalità – e inoltre perché riduce i costi di gestione e quindi consente di effettuare importanti risparmi di denaro pubblico.