
Articolo pubblicato su ItaliaOggi
L’emergenza Covid rende dirimente una gestione efficiente dei cespiti
PATRIMONI E FISCALITÀ A BRACCETTO
L’inquadramento commerciale consente la detrazione Iva
di Federica Soave e Luca Orlandi
L’emergenza Covid-19 sta mettendo a dura prova anche i bilanci degli Enti Locali. Per questo motivo è ancora più essenziale segnalare le opportunità che possono derivare da una conoscenza approfondita del patrimonio e da una sua gestione ispirata a criteri di efficienza (per ottenere risparmi) e redditività (per aumentare o non perdere risorse).
Nella gestione del patrimonio il rischio maggiore è rimanere ancorati a vecchi schemi, oggi non più accettabili. Ad esempio, quelli che portano a utilizzare immobili di pregio per scopi non consoni, affittati a canoni irrisori o in comodato d’uso gratuito (pensiamo al danno erariale che ne può derivare) o alla divisione delle competenze in svariati uffici che si occupano solo di una tematica, che impedisce una visione d’insieme, necessaria invece per compiere scelte strategiche.
Nelle attività di revisione straordinaria del patrimonio immobiliare tutti si trovano di fronte alla necessità di approfondire con cura ciascuna di queste sfaccettature (tecnico-catastali, contabili, urbanistiche, giuridiche, amministrative, fiscali…), non solo per rispondere correttamente ai principi contabili e ai criteri di valutazione dettati dal Dlgs 118/2011, ma anche per definire un insieme coerente e completo di informazioni e dati propedeutici a decisioni strategiche sulla gestione di questi beni.
Una volta ridefinita la natura giuridica disponibile o indisponibile dei cespiti, tra gli approfondimenti emergono due questioni fondamentali e in entrambe è strategicamente rilevante l’analisi della componente fiscale per gli effetti positivi derivanti da una visione organica della materia fiscale applicata al patrimonio.
Parliamo di come gestire al meglio i beni destinati all’assolvimento di finalità istituzionali e al soddisfacimento dei bisogni della collettività locale e se e come definire delle politiche di valorizzazione e alienazione dei beni.
Per quanto concerne il primo punto, è imprescindibile la definizione di un regolamento che stabilisca in modo chiaro i termini della concessione in uso e gli oneri in capo al concessionario. Bisogna però avere cura di valutare un possibile inquadramento commerciale del bene, che permetta all’ente di non perdere possibili risparmi derivanti da una legittima detrazione dell’Iva sulle spese che si andranno a sostenere. Tali operazione ovviamente vanno realizzate progettando un dialogo tra gli uffici coinvolti (tecnico, sport, scuola, associazionismo…).
Il caso degli impianti sportivi
Un esempio comune è quello relativo alla gestione/concessione degli impianti sportivi. La rilevanza ai fini Iva potrebbe rilevarsi sia in caso di gestione diretta, che in caso di affidamento a terzi, purché, in entrambe le fattispecie, sia a titolo oneroso. Per attestare la rilevanza Iva dell’attività, devono infatti sussistere i tre requisiti fissati dal DPR. n. 633/72: soggettivo (esercizio di impresa ex art. 4, comma 4), oggettivo (prestazione di servizi a titolo oneroso ex art. 3, comma 1) e territoriale (ex art. 7ter e seguenti).
Anche nel caso di concessione degli impianti sportivi a terzi, la rilevanza ai fini Iva è condizionata dal contenuto dell’atto di affidamento. Al di là della “veste” che deve necessariamente rispettare la forma di atto pubblico concessorio, il contenuto dell’atto deve esprimere il carattere sinallagmatico (ai sensi degli articoli 1325 e 1326 CC), tipico della contrattazione privata, quindi la paritetica libera volontà delle parti di perseguire una causa lecita e meritevole di tutela avente un oggetto possibile e determinato, assoggettando le parti al reciproco rispetto di diritti e doveri. Ad esempio, deve far emergere le modalità di godimento del bene e/o dell’esercizio del servizio a fronte di un corrispettivo liberamente pattuito tra le parti ma rispondere ai valori di mercato.
Anche la gestione promiscua degli impianti può essere soggetta all’imposta.
In questo caso, il locatore del bene pubblico deve svolgere attività d’impresa con il bene dato in concessione e non limitarsi al mero godimento dello stesso (come stabilito dalla sentenza del 26 marzo 2014, n. 7032, della quinta Sezione della Corte di Cassazione, in ossequio alle regole generali stabilite dalla direttiva 112/2006).
Un caso concreto può aiutarci a capire meglio.
Un Comune che con atti interni manifesta la volontà di concedere la gestione a pagamento delle palestre scolastiche si assicura la conseguente detraibilità delle spese di costruzione, di manutenzione e dei costi di esercizio, rimanendo a suo carico solo la registrazione a debito delle poste attive. La detraibilità dei costi e degli investimenti dovrà in questo caso essere fatta in rapporto a specifici criteri oggettivi che separino l’attività istituzionale (gratuita) fatta, da quella commerciale a pagamento. Proprio i corrispettivi incassati, nel rispetto dei criteri sopra descritti, legittimano la detrazione dell’imposta assolta sugli acquisti.
Un’interpretazione, quest’ultima corroborata dalla Corte di Giustizia Europea. Con la sentenza C-140/17 del 25/07/2018 infatti chiarisce in modo assai positivo per gli Enti Locali le condizioni per il recupero dell’Iva attraverso la rettifica della detrazione. La direttiva comunitaria non preclude il diritto alla rettifica, in melius, dell’Iva assolta all’origine, purché l’Ente Pubblico non abbia espressamente dichiarato l’intenzione di non destinare il bene ad una attività economica. Pertanto, è necessaria l’assenza di elementi formali che sanciscano l’auto-esclusione dell’Ente dalla potenziale rilevanza economica della gestione, e conseguentemente della rilevanza Iva della gestione, e devono emergere inequivocabilmente gli incassi specificamente riconducibili a singoli cespiti, quale elemento probatorio dell’economicità della gestione così come riconosciuto da consolidata giurisprudenza domestica e sovranazionale.
Per quanto concerne il secondo punto, e cioè se e come definire delle politiche di valorizzazione e alienazione dei beni, anche qui bisogna soffermarsi sull’importanza del corretto inquadramento Iva e in particolare sulla verifica dell’utilizzo del fabbricato ceduto al momento della cessione.
Fondamentale sarà determinare l’esercizio o meno dell’attività d’impresa, a prescindere dall’utilizzo che l’ente non commerciale ne abbia fatto in passato. Ad esempio, nel caso in cui un fabbricato fosse stato utilizzato anni prima per l’esercizio dell’attività d’impresa ai fini Iva ma, successivamente, fosse rimasto inutilizzato da anni, non potrebbe più rilevarsi l’attività commerciale, in quanto manca lo svolgimento di operazioni che comportino lo sfruttamento di un bene materiale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità (vedi Cass. n. 16534 del 05/07/2017).
Secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia, per comprovare il carattere di “stabilità”, occorre considerare il complesso dei dati che caratterizzano il caso specifico e, in particolare, la natura del bene. In generale, il fatto che un bene si presti ad uno sfruttamento esclusivamente economico (e non personale) è ritenuto sufficiente, dai giudici europei, per far ammettere che il titolare lo utilizzi allo scopo di esercitare attività commerciali (e, quindi, al fine di realizzare introiti aventi un certo carattere di stabilità). Inoltre, bisogna sottolineare che in assenza di una previsione normativa che esplicitamente escluda dalla rilevanza Iva la gestione patrimoniale da parte degli organismi di diritto pubblico non si possono escludere dette prestazioni dall’ambito di applicazione dell’imposta.
Pertanto, eseguite tali verifiche da parte dell’Ente cedente, si avrà che:
- In caso di attività commerciale la vendita sarà rilevante ai fini Iva (imponibile o esente, vedi in paragrafo successivo) e quindi soggetta all’imposta di registro in misura fissa o proporzionale a seconda dei casi;
- In caso di attività non commerciale la vendita non sarà rilevante ai fini Iva e quindi soggetta all’imposta di registro in misura proporzionale.
Anche da questa non certo esaustiva illustrazione emerge in tutta evidenza l’importanza del corretto inquadramento ai fini Iva relativamente al patrimonio immobiliare degli Enti locali, sia per garantire la piena correttezza e legittimità gli avvenimenti gestionali, sia per poter cogliere tutti i vantaggi che da questo possano derivare.
La parte fiscale è però solo una sfaccettatura della corretta e proficua gestione patrimoniale da parte dell’ente. Il presupposto imprescindibile per operare scelte razionali e coerenti è un’attività di verifica a 360 gradi sullo stato di un immobile: dagli aspetti edili a quelli strutturali, da quelli urbanistici a quelli ambientali e così via. Un’attività propedeutica sia per operazioni di alienazioni del bene (si pensi alla determinazione del valore di mercato), sia per le valutazioni sulle migliori opportunità di sfruttamento e la definizione delle strategie di valorizzazione più appropriate.
Questo complicato, seppur necessario processo, meglio conosciuto come due diligence immobiliare necessità però di una trattazione più approfondita.